• Smart Working & Place Benefits

COVID-19 e lavoro: le trasformazioni delle nostre abitudini

E’ passato ormai un anno da quando è stato annunciato il primo caso di COVID-19 in Italia e in Europa. Nel corso di poche ore scuole e università hanno chiuso, gli uffici si sono trasformati e le strade si sono svuotate. Fino a un anno fa, lo smart working era una pratica rivoluzionaria in Italia, adottata delle aziende più “moderne” e nella pratica sconosciuta ai più. Il Sole 24 Ore ha definito lo smart working come una delle parole chiave di questo 2020 oltre che un’ancora di salvezza per migliaia di imprese e lavoratori.

Il lavoro agile o smart working è stato introdotto con la legge 81/2017 come modalità di lavoro che non prevede vincoli di orario o di luogo. Nonostante alcune aziende avessero già investito nello smart working, quando è scoppiata la pandemia, adattarsi non è stato facile per nessuno. Soprattutto per le aziende abituate a lavorare in team.

Un team solido e affiatato costituisce un vero punto di forza per l’impresa, contribuendo a creare un ambiente stimolante e produttivo. Ma gestire un team non è mai stato facile, anche prima della pandemia. Sono necessari un lavoro costante e continua collaborazione, meeting e brainstorming. Il tutto funziona al meglio quando tutti i componenti della squadra hanno la possibilità di conoscersi, comunicare e contribuire al processo, ovvero lavorando fianco a fianco quotidianamente. Molte aziende, abituate a orari rigidi e controllo pressoché costante sui dipendenti, si sono trovate spaesate e impreparate ad affrontare un nuovo modo di lavorare che ha fiducia e flessibilità come pilastri. 

La distanza fisica tra collaboratori ha portato a call interminabili e spesso poco produttive, spesso a ignorare pause pranzo definite o momenti di pausa, rendendo lo smart working controproducente in termini di performance e produttività.

Per far funzionare lo smart working è invece necessario intervenire direttamente sulla cultura aziendale basata su fiducia, collaborazione, motivazione e risultati, che stimoli la creazione di un ambiente positivo.

Per alcuni è stato naturale, per altri uno shock. Ma chi ha saputo adattarsi ci ha guadagnato in termini di flessibilità, innovazione e produttività.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nella fase più acuta del coronavirus ci sono stati 6,58 milioni di dipendenti in smart working, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani. Sembra che il lavoro da remoto sia ormai entrato nella quotidianità degli italiani e sia destinato a rimanerci. Lo studio stima che al termine dell‘emergenza Covid il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate di lavoro da remoto portandole in media da uno a 2,7 giorni a settimana, mentre una su due modificherà gli spazi fisici. 

Secondo l’ultimo sondaggio di Slack, le persone vogliono maggiore flessibilità nelle modalità di lavoro, in termini di orario e luogo. Piuttosto che tornare alla vecchia routine, le aziende devono ripensare radicalmente al modo in cui lavorano i team. La maggior parte degli intervistati (72%) preferirebbe un mix tra lavoro da remoto e da ufficio. Ma non vale per tutti. Il senso di appartenenza dei lavoratori può risentirne mentre si lavora da remoto. Un consiglio per tutte le organizzazioni? Mantenere la flessibilità acquisita in questi mesi e concedere autonomia e fiducia ai dipendenti rispetto alle modalità di lavoro.